CHI E’ PASQUINO?

La statua del Pasquino tra piazza Navona e Campo dè Fiori a Roma

La statua del Pasquino tra piazza Navona e Campo dè Fiori a Roma

Pasquino è la più celebre statua parlante di Roma, divenuta figura caratteristica della città fra il XVI ed il XIX secolo, tra piazza Navona e Campo dè Fiori. Ai piedi della statua, ma più spesso al collo, si appendevano, e si appendono ancora oggi, nella notte fogli contenenti satire in versi, dirette a pungere anonimamente i personaggi pubblici più importanti. Erano le cosiddette “pasquinate”, dalle quali emergeva, non senza un certo spirito di sfida, il malumore popolare nei confronti del potere e l’avversione alla corruzione ed all’arroganza dei suoi rappresentanti.

Ma chi è Pasquino? O meglio, che cosa rappresenta la statua che oggi è uno dei simboli dell’irriverenza e denuncia degli abusi del potere costituito?

pasquino

La statua è un frammento di un’opera in stile ellenistico, risalente al III secolo a.C., ritrovata nel 1501 durante gli scavi per la pavimentazione stradale e la ristrutturazione del Palazzo Orsini (oggi Palazzo Braschi), proprio nella piazza dove oggi ancora si trova. Si tratta del gruppo statuario “Menelao che sorregge il corpo di Patroclo morente”, impiegata per l’ornamento dello Stadio di Domiziano, oggi coperto da piazza Navona. Una copia integra del “Menelao che sorregge il corpo di Patroclo morente”, oggi è esposta tra le statue poste sotto la Loggia dei Lanzi a Firenze.

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Menelao che sorregge Patroclo (Loggia dei Lanzi – Firenze)

 

Il Menelao rappresenta un classico esempio del cosiddetto barocco ellenistico, ovvero quella corrente estremamente “patetica” che si sviluppa nel III a.C. alla corte dei successori di Alessandro Magno.

Quello che viene popolarmente chiamato Pasquino è quindi la rappresentazione del momento più drammatico della guerra di Troia, l’attimo in cui cambieranno drasticamente le sorti della battaglia: la morte di Patroclo. Insieme all’amico Achille, Patroclo si recò alla guerra di Troia, dove si conquistò gloria e rispetto, e quando Achille si ritirò dalla battaglia, in seguito alla lite con Agamennone, Patroclo, indossate le sue armi, ne prese il posto, portando scompiglio nelle schiere avversarie e ribaltando le sorti della battaglia. Ma non tenne conto del consiglio dell’amico, ossia limitarsi a respingere i troiani dall’accampamento acheo, e questo ne causò la caduta. In un primo momento Apollo lo stordì, colpendolo due volte e respingendolo alle mura di Troia, che altrimenti avrebbe conquistato, poi Euforbo lo ferì con un colpo di lancia e infine Ettore gli diede il colpo di grazia, trapassandolo con la lancia dalla propria biga. Spogliato delle armi, il cadavere di Patroclo fu conteso dai due schieramenti nel corso di una lotta furiosa che si concluse solo con l’arrivo di Achille: al suo grido, i troiani fuggirono in preda al terrore all’interno delle mura della città. Sconvolto dal dolore, dopo aver organizzato i giochi funebri in onore del compagno, Achille riprese parte alla guerra.

ASTRONOMICAL INTERPRETATION OF WIZARD’S HAT

The Wizard Gandalf of The Lord of the Ring by  J.R.R. Tolkien

The Wizard Gandalf of The Lord of the Ring by J.R.R. Tolkien

Wizards are often represented with a high, pointed hat and, sometimes decorated with stars and planets. Georges Ivanovič Gurdjieff, in his Scenario of the Ballet “The Struggle of the Magicians”, describes wizard’s dressing and, specifically, his hat:

“The Magician takes off his garment, receives some unguent from one of his pupils, smears it over his body, resumes his garment and over his usual dress puts on a robe withvery wide sleeves. The robe is bordered all round with the signs of the Zodiac; on the back is embroidered the symbol of the pentagram, on the breast a skull and crossbones. On his head he places a high pointed head-dress embroidered with large and small stars.”

In the episode “The Sorcerer’s Apprentice” by Paul Dukas, based on Goethe’s 1797 poem “Der Zauberlehrling” of the movie “Fantasia” by Walt Disney, Mickey Mouse, young apprentice of the sorcerer Yen Sid, wears precisely the hat as described by Gurdjieff.

“The Sorcerer's Apprentice”  by Walt Disney

“The Sorcerer’s Apprentice” by Walt Disney

The encounter, one more time, happened “by chance” at Neues Museum (world-renowned for Egyptian Nefertiti bust) in Berlin, Germany. At Ground Floor of the museum, I bumped into a glass case containing the Berliner GoldenHut, the Berlin Gold Hat.

 

Berlin Gold Hat - Neues Museum - Berlin

Berlin Gold Hat – Neues Museum – Berlin

The Berlin Gold hat is a very specific and rare type of archaeological artifact from Bronze Age Europe. So far, four such objects (“cone-shaped gold hats of the Schifferstadt type”) are known. The objects are made of thin sheet gold and were attached externally to long conical and brimmed headdresses which were probably made of some organic material and served to stabilise the external gold leaf. The following Golden Hats are known:

  • Golden Hat of Schifferstadt, found in 1835 at Schifferstadt near Speyer, circa 1400–1300 BC;
  • Avanton Gold Cone, incomplete, found at Avanton near Poitiers in 1844, circa 1000–900 BC;
  • Golden Cone of Ezelsdorf, found near Nuremberg in 1953, circa 1000–900 BC;
  • Berlin Gold Hat, found probably in Swabia or Switzerland, circa 1000–800 BC.

 

The four Golden Hats

The four Golden Hats

The Golden Hats served as religious insignia for the deities or priests of a sun cult then widespread in Central Europe. Wilfried Menghin, in his “Acta Praehistorica et Archaeologica”, verified that the ornamentation of the gold leaf cones of the Schifferstadt type, to which the Berlin example belongs, represent a lunisolar calendar. The object would have permitted the determination of dates or periods in both lunar and solar calendars.

Luni-Solar Calendar on Berlin Gold Hat

Luni-Solar Calendar on Berlin Gold Hat

The functions discovered so far would permit the counting of temporal units of up 57 months. A simple multiplication of such values would also permit the calculation of longer periods, e.g. metonic cycles. Each symbol, or each ring of a symbol, represents a single day.

 

IL SIGNIFICATO ASTRONOMICO DEL CAPPELLO A PUNTA DEI MAGHI

Il Mago Gendalf de "Il Signore degli Anelli" di J.R.R. Tolkien

Il Mago Gandalf de “Il Signore degli Anelli” di J.R.R. Tolkien

I maghi sono spesso rappresentati con lunghi cappelli a punta, e, alcune volte, ornati con motivi astronomici. Georges Ivanovič Gurdjieff, nel suo “La Lotta dei Maghi”, descrive la vestizione del mago e, in particolare, il dettaglio del cappello:

Il Mago si toglie i suoi vestiti, riceve degli unguenti da uno dei suoi studenti, se lo spalma sul corpo, si rimette i vestiti e sopra i suoi abituali vestiti indossa una toga con lunghi lembi. La toga è tutta bordata con i segni dello Zodiaco; nella parte posteriore è ricamato il simbolo del pentacolo, e sul petto un teschio e ossa incrociate. Sulla testa pone un alto cappello a punta ricamato con stelle di diverse dimensioni.”

Nell’episodio “L’apprendista Stregone” di Paul Dukas, basato sull’omonima ballata del 1797 di Goethe, del film di Walt Disney, “Fantasia”, Topolino, giovane apprendista dello stregone Yen Sid, indossa proprio il cappello descritto nel copione del balletto di Gurdjieff.

L'Apprendista Stregone di Walt Disney

L’Apprendista Stregone di Walt Disney

Questa volta l’incontro avvenne, ‘per caso’, nel 2012, al Neues Museum di Berlino (il museo famoso nel mondo per il busto di Nefertiti). Al Piano Terra del Museo mi imbattei in una teca contenente il cosiddetto Berliner GoldenHut.

Il Cappello d'Oro al Neues Museum di Berlino

Il Cappello d’Oro al Neues Museum di Berlino

Il Cappello d’oro di Berlino (Berliner Goldhut in tedesco) è un manufatto risalente alla tarda Età del Bronzo (tra il 1000 a.C. e 800 a.C. circa) realizzato in una sottile lamina d’oro. Il Cappello d’oro di Berlino è quello che si è meglio conservato rispetto ai quattro “Cappelli d’Oro” rinvenuti in Europa e risalenti, più o meno, tutti alla stessa epoca. Degli altri tre, due sono stati rinvenuti in Germania e uno in Francia. Tutti e quattro sono stati rinvenuti tra il XIX e XX secolo.

I Cappelli d'Oro

I Cappelli d’Oro

Wilfried Menghin, nel suo trattato “Acta Praehistorica et Archaeologica”, ipotizza che tali oggetti abbiano avuto funzioni calendariali-astronomiche. Lo studioso sostiene che i simboli rappresentano un calendario lunisolare che consentirebbe di ottenere delle date sia nel calendario solare che in quello lunare.

Lo studio del Calendario Luni-Solare sul Cappello d'oro di Berlino

Lo studio del Calendario Luni-Solare sul Cappello d’oro di Berlino

Dal momento che una esatta conoscenza dell’anno era di particolare interesse per la determinazione di eventi religiosi importanti come ad esempio il solstizio d’estate o d’inverno, le conoscenze astronomiche raffigurate sui Cappelli d’Oro erano di alto valore nella società arcaica. Le relazioni scoperte finora permetterebbero il conteggio di unità temporali fino a 57 mesi. Una semplice moltiplicazione di tali valori permetteva anche il calcolo di periodi più lunghi, ad esempio i cicli metonici. Ogni simbolo, o ogni anello di un simbolo, rappresenta un solo giorno. Oltre a questi ornamenti ci sono varie fasce composte da un diverso numero di anelli che rappresentavano i giorni che dovevano essere aggiunti i sottratti al periodo in questione.

THE SOLAR SASH OF THE KINGS

The Balteus, the standard belt worn by the Roman legionary, used to tuck clothing into or to hold weapons, is one of the typical ornaments of kings, dignitaries and winners. Why has this accessory become a symbol of greatness?

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One more time, I’ll try to give an astronomical-astrological explanation of this symbol. The Sun, King of Gods in ancient Tradition, goes from East to West, during the day, and, like the planets, moves around the Zodiac. In fact, the Sun does not wander all over the sky but is confined to a narrow strip, dividing it in half. Stars along that strip (the ecliptic) are traditionally divided into the 12 constellations. The ecliptic plane is tilted 23.5° with respect to the plane of the celestial equator since the Earth’s spin axis is tilted 23.5° with respect to its orbit around the Sun. The name, related to “zoo,” comes because most of these constellations are named for animals–Leo the lion, Aries the ram, Scorpio the scorpion, Cancer the crab, Pisces the fish, Capricorn the goat and Taurus the bull.

Il percorso del Sole e dei segni zodiacali lungo l'eclittica solare inclinata

The path of the Sun and Zodiacal Signs along the tilted ecliptic

The Zodiacal Belt was often depicted on handicrafts and on clothes in order to symbolize the relationship between the man wearing it and the Sun, and to link him with it. Nowadays it is still possible to see an example at Vatican Museum, in Rome: the Helios Chiaramonti.

Helios Chiaramonti - Musei Vaticani - Roma

Helios Chiaramonti – Vatican Museum – Rome

Helios, the Sun God, is wearing a Zodiacal Balteus, with the Zodiacal Signs, from the right shoulder to the left hip and represents the Sun and its bound path along the ecliptic.

LA FASCIA SOLARE DEI RE

Il Balteo, la fascia pendente dalla spalla destra verso il fianco sinistro, che orna la divisa di re, di dignitari e di vincitori di competizioni, originariamente era una cintura di cuoio alla quale i soldati romani appendevano la propria spada. Perchè tale accessorio è diventato una dei simboli di eccellenza?

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È possibile, ancora una volta, ritrovare una lettura astronomico-astrologica a tale simbolo.

Il Sole, massima espressione della divinità nelle antiche tradizioni, si muove durate il giorno lungo l’eclittica, da Est ad Ovest, un percorso ad arco, inclinato di 24° rispetto all’orizzonte. Di notte, lungo lo stesso arco scorrono le costellazioni dello Zodiaco.

Il percorso del Sole e dei segni zodiacali lungo l'eclittica solare inclinata

Il percorso del Sole e dei segni zodiacali lungo l’eclittica solare inclinata

Lo Zodiaco quella parte del cielo che si estende secondo il pensiero degli antichi per una larghezza di 12° ai due lati dell’eclittica, cioè dell’orbita solare, ed ha di conseguenza una inclinazione di 24° rispetto all’equatore celeste. Zodiaco significa “esseri viventi” raggruppati in costellazioni.

Il motivo dello Zodiaco fu raffigurato nell’arte anche su oggetti d’uso comune e sulle vesti, per simboleggiare il rapporto tra colui che lo portava sulla sua persona ed il cosmo e per associarlo, in analogia, con il Sole. Ai Musei Vaticani è possibile ammirare uno splendido torso in marmo, l’Helios Chiaramonti.

Helios Chiaramonti - Musei Vaticani - Roma

Helios Chiaramonti – Musei Vaticani – Roma

In questa opera, il dio Sole è cinto da un balteo, la larga fascia inclinata, passante sulla spalla destra e sul petto, decorata con i segni zodiacali, chiara rappresentazione del cammino del Sole lungo la fascia inclinata dello Zodiaco.

Kircher and the mystery of the fourth hidden side of Obeliscus Panphili

L'Obelisco della Minerva

Obelisk of Minerva

In 1615 Pietro della Valle, roman knight  and patrician, found in Cairo an old Coptic-Arabic dictionary. He broght it to Rom.

In Rome, Nicolaus Fabricius, senator in Aquisgrana, asked Athanasius Kircher, his good friend, for translating it into Latin. Kircher accepted and pope Urbano VII called him in Rome to do the work. Kircher’s translations have always considered incorrect by scholars. In 1821 the french scholar Jean-François Champollion would interpret correctly hieroglyphic writing.

La Stele di Rosetta (British Museum di Londra)

Rosetta’s Stone

Kircher method for interpreting hieroglyphic writing was completely different from what nowadays considered correct: Kircher believed that each symbol had infinite meanings, revealed directly from God to writer.

Nonetheless, in 1665,  a fact happened hard to explain:

Dominican monks discovered in their garden, in Santa Maria sopra Minerva, a little obelisk, in excellent condition. Kircher, director of the near Collegio Romano is the top-expert in hieroglyphic writing and they called him. He couldn’t go and examine the obelisk because he was going to have his yearly retreat at Mentorella’s shrine.

Padre Giuseppe Petrucci, a Jesuit and his personal collaborator went, agreeing to inform the director. When he came to the Dominican garden, the obelisk lay still down and only three of its four sides were visible. He drew the three sides of the obelisk and sent the drafts to his director.

When  Padre Petrucci, some weeks later, received Kircher’s answer, got astounded: Kircher had sent him a sketch of the forth side of obelisk and was absolutely corresponding to the just unveiled one.

I quattro lati dell'obelisco disegnati da Athanasius Kircher

The four sides of Obelisks Panphili by Athanasius Kircher

Kircher managed to imagine hieroglyphic symbols of forth side of obelisk after seeing the other three. Is it so granted that Kircher’s magical and strange method to interpret hieroglyphic writing couldn’t permit him to deeply understand the sacred Egyptian writing?

Kircher e il mistero del quarto lato dell’Obelisco impossibile da tracciare

L'Obelisco della Minerva

L’Obelisco della Minerva

Alla fine del 1615, Pietro Della Valle, cavaliere e patrizio romano, durante un viaggio in Egitto trova nella città del Cairo un antico vocabolario copto-arabo. Questo vocabolario, secondo le sue parole, era «nascosto tra uomini le cui menti ignoranti erano incapaci di apprezzarlo». Lo riporta a Roma, dove è sicuro sarà un valido aiuto per riscoprire la lingua degli antichi egizi.

A Roma, Nicolaus Fabricius, senatore reale di Aquisgrana, vuole tradurlo in latino: per farlo contatta Athanasius Kircher, suo buon amico. Malgrado la ritrosia iniziale, non sentendosi all’altezza dell’operazione, alla fine egli accetta. Quando poi la notizia della traduzione arriva alle orecchie di Papa Urbano VIII, Kircher è richiamato a Roma per eseguire lì l’operazione.

Malgrado l’autore si auguri nell’introduzione di essersi «acquistato da una posterità riconoscente qualche ringraziamento quando a tempo debito avrà tratto tutti i frutti del nostro lavoro», l’accademia ricorda Kircher solo come aneddoto storico. La sua traduzione dei geroglifici egizi è ritenuta errata e si dovrà attendere la scoperta della Stele di Rosetta nel 1799 da parte dell’esercito napoleonico e il 1821 per un’interpretazione definitiva dei geroglifici ad opera di Jean-François Champollion.

La Stele di Rosetta (British Museum di Londra)

La Stele di Rosetta (British Museum di Londra)

Kircher adottò un metodo di interpretazione dei geroglifici radicalmente diverso da quello ritenuto corretto oggi: Kircher pensava che ogni simbolo racchiudesse in sé una molteplicità infinita di significati, rivelati dalla divinità direttamente a chi li aveva scritti.

Eppure, nel 1665 accade un fatto difficilmente spiegabile con questi presupposti.

Nell’orto dei Padri Dominicani di Santa Maria sopra Minerva viene riportato alla luce un obelisco di piccolo dimensioni. Padre Kircher, direttore all’epoca del vicino Collegio Romano, è naturalmente incuriosito dal ritrovamento ma sta partendo per il suo annuale ritiro spirituale alla Mentorella. Lascia al padre gesuita Giuseppe Petrucci, suo collaboratore personale, il compito di tenerlo informato. Con queste parole padre Petrucci racconta quanto accadde:

“Scavandosi nell’orto dei Reverendi Padri della Minerva, portò il caso che fosse ritrovato un obelisco, il quale quanto appariva inferior nella grandezza a tutti gli altri, altrettanto appariva più perfetto e più intero. Al Padre Atanasio Kircher, competente su queste faccende, fu chiesto che ne desse piena contezza; ma capitava che dovendo compiere la sua annuale missione alla Madonna della Mentorella, lasciò a me l’incarico che, appena fosse stato completamente scoperto, ne inviassi un disegno a Tivoli, dove egli si sarebbe fermato. Accadde che solamente tre lati si potessero disegnare, per cui essendo io impaziente di non ritardare la missione affidata, inviai copia soltanto di quelli. Nella risposta fattami dal Padre, con grande meraviglia di chi vide, e di molte persone di dottrina non ordinaria, mi mandò il quarto lato, disegnato di proprio pugno.

I quattro lati dell'obelisco disegnati da Athanasius Kircher

I quattro lati dell’obelisco disegnati da Athanasius Kircher

 

A vista cotanto inaspettata, stupefatto e curioso corsi subito a vedere se corrispondeva con l’originale, e rinvenni essere il medesimo contenuto, senza segno di variazione alcuna, anzi in quei luoghi done non v’erano scolpite figure, Egli supplì, con espormi ciò che mancava […]”

Kircher riuscì ad immaginare l’iscrizione geroglifica sulla quarta faccia dell’obelisco semplicemente conoscendone le altre tre. Di sicuro Kircher non utilizzava il metodo di Champollion per interpretare i geroglifici. Ma è altrettanto sicuro che il metodo magico, ritenuto dagli storici ‘fantasioso’, utilizzato da Kircher non gli permettesse la piena conoscenza della scrittura sacra egizia?

Papa Alessandro VII Chigi incaricherà Gian Lorenzo Bernini di collocare l’obelisco nella piazza antistante la chiesa di Santa Maria Sopra la Minerva e Athanasius Kircher collaborerà alla progettazione dell’opera.

PASSEGGIATA TRA I SIMBOLI E LE STELLE: IL SIMBOLO DELL’INFINITO

Nel decidere l’incipit di questo brano ero indeciso se illustrare in introduzione una mini-lezione di astronomia (terra, sole, pianeti, sistema solare, costellazioni) oppure procedere seguendo la Tradizione, presentando un simbolo e proponendo qualche sua interpretazione, legata in particolare all’astronomia. Ho deciso, anche nella speranza di non annoiare (troppo) chi leggerà queste righe, di utilizzare la seconda strada, ritenendo sia la più evocativa.

Il Simbolo dell’Infinito – la Lemniscata o Analemma

Come tutti sapranno, il simbolo usato in matematica per rappresentare l’infinito è la cosiddetta Lemniscata.

La lemniscata di Bernoulli

La lemniscata di Bernoulli

La Teoria del Limiti in matematica si sviluppa in un Dominio rettilineo, ordinato, l’asse dei numeri Reali, nel quale ogni elemento ha una posizione ben definita all’interno della “gerarchia” di questo asse direzionato. Il numero -1 precede il numero 2,3. Il numero 1.000.000 segue il numero 4.

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La domanda che giustamente ci si può porre è: cosa vuol dire “infinito” e come può venire in mente di rappresentarlo come una specie di “otto rovesciato”?

Come si può definire il concetto di “infinito”? Un primo tentativo di definizione potrebbe essere: “un qualcosa di molto grande”. Ma così facendo abbiamo posto l’accento all’estremità destra dell’asse. E “infinetesimamente piccolo”? Il concetto può essere sintetizzato in un’espressione sola con “senza limite”, “non limitato”. Qualcosa che “non abbia un inizio e non abbia una fine”.

Il fenomeno ciclico è un esempio di “qualcosa che non ha un inizio e una fine”. E la figura geometrica della Lemniscata (a Analemma), con i suoi due “rigonfiamenti laterali” e il suo punto di incrocio centrale, riesce a rappresentare bene il concetto di “qualcosa di estremamente piccolo” che tende ad “annullarsi” per divenire qualcosa di “estremamente grande”.

La domanda che si pone ora è: ””Esiste in Natura qualcosa che, osservato, ha la forma geometrica dell’Infinito?” La risposta a questa domanda è: Il Sole, la stella da cui il nostro pianeta riceve la luce e il calore che permettono l’esistenza della vita!

L’analemma infatti è il nome dato alla figura che rappresenta il percorso compiuto dal sole attraverso il cielo in un anno quando è fotografato esattamente alla stessa ora e posizione durante il giorno. Sovrapponendo le immagini ottenute si ottiene questa figura:

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Questa foto è un bellissimo esempio di analemma, il risultato degli sforzi e degli scatti fotografici eseguiti durante tutto l’anno 2004 da Ayiomamitis Anthony in Grecia.

Il fenomeno è il risultato di una combinazione tra l’inclinazione di 23,5 gradi dell’asse della Terra e la sua orbita leggermente ellittica, questi due fattori si combinano per generare la figura a forma di otto.

Ritengo importante concludere queste righe sottolineando quel “qualche interpretazione dei simboli” che ho posto come introduzione, perché, usando le parole di Oswald Wirth: “Un’immagine può sempre essere considerata da un’infinità di punti di vista e ad ogni pensatore è consentito scoprire un significato conforme alla logica delle proprie concezioni. Le immagini infatti sono destinate a risvegliare le idee assopite nel nostro intelletto. Esercitando una suggestione sul pensiero, lo stimolano ed in tal modo portano alla luce le verità sepolte nella profondità del nostro spirito.”

POOR DEVILS OR GODS OF PAST ASTROLOGICAL AGES

The Mith of Transition from the Age of Taurus to the Age of Aries

The Mith of Achelous , the Bull God, symbol of the age of Taurus (4000 b.C. – 2000 b.C.) defeated by Hercules (the Sun) and the coming of Zeus Ammon, the Ram God (2000 b.C. – 0 C.E.).

The god of the river Achelous which was the greatest, and according to tradition, the most ancient among the rivers of Greece. He with 3000 brother-rivers is described as a son of Oceanus and Thetys (Hes. Theog. 340), or of Oceanus and Gaea, or lastly of Helios and Gaea. (Natal. Com. vii. 2.)

Achelous, the Bull God

Achelous, the Bull God

 

Rising of Sun at Vernal Equinox in Taurus Constellation (4000 b.C. – 2000 b.C.)

 

The origin of the river Achelous is thus described by Servius (ad Virg. Georg. i. 9; Aen. viii. 300): When Achelous on one occasion had lost his daughters, the Sirens, and in his grief invoked his mother Gaea, she received him to her bosom, and on the spot where she received him, she caused the river bearing his name to gush forth. Other accounts about the origin of the river and its name are given by Stephanus of Byzantium, Strabo (x. p. 450), and Plutarch. (De Flum. 22.) Achelous the god was a competitor with Heracles in the suit for Deïaneira, and fought with him for the bride. Achelous was conquered in the contest, but as he possessed the power of assuming various forms, he metamorphosed himself first into a serpent and then into a bull. But in this form too he was conquered by Heracles, and deprived of one of his horns, which however he recovered by giving up the horn of Amalthea. (Ov. Met. ix. 8, &c.; Apollod. i. 8. § 1, ii. 7. § 5.)

Zeus Ammon

Zeus Ammon

 

Rising of Sun at Vernal Equinox in Aries Constellation (2000 b.C. – 0 C.E.)

POVERI DIAVOLI OVVERO GLI DEI DELLE ERE ZODIACALI PASSATE

Il Mito del passaggio dall’Era del Toro all’Era dell’Ariete
Il mito di Acheloo, il Dio Toro, simbolo dell’Era del Sole nella Costellazione zodiacale del Toro (circa 4000 a.C. – 2000 a.C.) sconfitto da Ercole (il Sole) e l’avvento di Zeus Ammone, il Dio Ariete (2000 a.C. – 0 a.C.).
Il Dio Toro Acheloo

Il Dio Toro Acheloo

 

Acheloo, nella mitologia greca, è il dio fluviale dell’Etolia, figlio del Titano Oceano e sua sorella Teti. E’ il secondo fiume, per lunghezza, della Grecia e corrisponde all’odierno Aspropotamo.

 

 Levata del Sole all’Equinozio di Primavera nel segno zodiacale del Toro (4000 a.C. – 2000 a.C.)

Secondo la leggenda, Acheloo si invaghì di Deianira, figlia di Eneo e di Altea, e ne contese ad Eracle la mano. Iniziò la lotta ed Acheloo, che aveva la facoltà di assumere l’aspetto che più gli piaceva, si trasformò in un enorme serpente che Eracle riuscì, quasi, a soffocare. Divincolatosi, si trasformò in un toro, ma fu sconfitto e gettato nel fiume. Nella caduta, uno dei due corni che Eracle aveva afferrato, si staccò, mutilando Acheloo per sempre.
Questi si considerò vinto e gli cedette il diritto di sposare Deianira, ma gli richiese il suo corno, dandogli in cambio un corno della capra Amaltea, la nutrice di Zeus, le ninfe Naiadi, riempirono il corno di Acheloo di fiori e di frutti consacrandolo alla dea dell’abbondanza e da qui nacque la leggenda della cornucopia.
Zeus Ammone

Zeus Ammone

 Levata del Sole all’Equinozio di Primavera nel segno zodiacale dell’Ariete (2000 a.C. – 0 a.C.)