Alla fine del 1615, Pietro Della Valle, cavaliere e patrizio romano, durante un viaggio in Egitto trova nella città del Cairo un antico vocabolario copto-arabo. Questo vocabolario, secondo le sue parole, era «nascosto tra uomini le cui menti ignoranti erano incapaci di apprezzarlo». Lo riporta a Roma, dove è sicuro sarà un valido aiuto per riscoprire la lingua degli antichi egizi.
A Roma, Nicolaus Fabricius, senatore reale di Aquisgrana, vuole tradurlo in latino: per farlo contatta Athanasius Kircher, suo buon amico. Malgrado la ritrosia iniziale, non sentendosi all’altezza dell’operazione, alla fine egli accetta. Quando poi la notizia della traduzione arriva alle orecchie di Papa Urbano VIII, Kircher è richiamato a Roma per eseguire lì l’operazione.
Malgrado l’autore si auguri nell’introduzione di essersi «acquistato da una posterità riconoscente qualche ringraziamento quando a tempo debito avrà tratto tutti i frutti del nostro lavoro», l’accademia ricorda Kircher solo come aneddoto storico. La sua traduzione dei geroglifici egizi è ritenuta errata e si dovrà attendere la scoperta della Stele di Rosetta nel 1799 da parte dell’esercito napoleonico e il 1821 per un’interpretazione definitiva dei geroglifici ad opera di Jean-François Champollion.
Kircher adottò un metodo di interpretazione dei geroglifici radicalmente diverso da quello ritenuto corretto oggi: Kircher pensava che ogni simbolo racchiudesse in sé una molteplicità infinita di significati, rivelati dalla divinità direttamente a chi li aveva scritti.
Eppure, nel 1665 accade un fatto difficilmente spiegabile con questi presupposti.
Nell’orto dei Padri Dominicani di Santa Maria sopra Minerva viene riportato alla luce un obelisco di piccolo dimensioni. Padre Kircher, direttore all’epoca del vicino Collegio Romano, è naturalmente incuriosito dal ritrovamento ma sta partendo per il suo annuale ritiro spirituale alla Mentorella. Lascia al padre gesuita Giuseppe Petrucci, suo collaboratore personale, il compito di tenerlo informato. Con queste parole padre Petrucci racconta quanto accadde:
“Scavandosi nell’orto dei Reverendi Padri della Minerva, portò il caso che fosse ritrovato un obelisco, il quale quanto appariva inferior nella grandezza a tutti gli altri, altrettanto appariva più perfetto e più intero. Al Padre Atanasio Kircher, competente su queste faccende, fu chiesto che ne desse piena contezza; ma capitava che dovendo compiere la sua annuale missione alla Madonna della Mentorella, lasciò a me l’incarico che, appena fosse stato completamente scoperto, ne inviassi un disegno a Tivoli, dove egli si sarebbe fermato. Accadde che solamente tre lati si potessero disegnare, per cui essendo io impaziente di non ritardare la missione affidata, inviai copia soltanto di quelli. Nella risposta fattami dal Padre, con grande meraviglia di chi vide, e di molte persone di dottrina non ordinaria, mi mandò il quarto lato, disegnato di proprio pugno.
A vista cotanto inaspettata, stupefatto e curioso corsi subito a vedere se corrispondeva con l’originale, e rinvenni essere il medesimo contenuto, senza segno di variazione alcuna, anzi in quei luoghi done non v’erano scolpite figure, Egli supplì, con espormi ciò che mancava […]”
Kircher riuscì ad immaginare l’iscrizione geroglifica sulla quarta faccia dell’obelisco semplicemente conoscendone le altre tre. Di sicuro Kircher non utilizzava il metodo di Champollion per interpretare i geroglifici. Ma è altrettanto sicuro che il metodo magico, ritenuto dagli storici ‘fantasioso’, utilizzato da Kircher non gli permettesse la piena conoscenza della scrittura sacra egizia?
Papa Alessandro VII Chigi incaricherà Gian Lorenzo Bernini di collocare l’obelisco nella piazza antistante la chiesa di Santa Maria Sopra la Minerva e Athanasius Kircher collaborerà alla progettazione dell’opera.